mercoledì 2 marzo 2011

Cristina da Pizzano e Stefania Sandrelli

Nell'estate del 2009, ho pescato questa intervista di Stefania Sandrelli , rilasciata in occasione della imminente uscita del suo primo film. Eccola:

Sandrelli:"Una Poetessa per Fare il mio Primo Film"





Roma - Non aveva l'ambizione di diventare regista, ma si è innamorata di Cristina da Pizzano da quando sulla copertina di un libro ha visto la sua figurina lieve concentrata nella scrittura e la necessità di raccontarla ha cancellato ogni esitazione: Stefania Sandrelli sta ultimando l'edizione di Christine, la sua opera prima, prodotta da Cinema11undici e Diva. "È un piccolo film italiano, girato quasi tutto a Cinecittà. A me sembra armonico, divertente, un po' buffo, mi sta simpatico. Sono felice di averlo fatto. Ci sono voluti quasi cinque anni, ma la mia scommessa è vinta", dice.

Una bella scommessa esordire con una storia ambientata nel Medioevo....
"Ma non c'è l'oleografia cupa dell'epoca, racconto un Medioevo più femminile. Si vede un po' di soldataglia e la miseria dell'epoca, ma il film è la storia di una donna che passa dalle stelle alle stalle. Era nata a Venezia nel 1364 e poco dopo si era trasferita a Parigi con suo padre, astronomo famoso, chiamato a corte da Carlo V. Io la racconto dal 1380, quando, morto il re, dovette abbandonare la corte e si ritrovò sola con due figli, il marito era morto in guerra, senza mezzi. Non si perse d'animo e, dopo aver scoperto di avere un grande talento per la poesia, ebbe il coraggio di entrare in un mondo come quello della letteratura, da cui all'epoca le donne erano escluse".
Una femminista ante litteram?
"Anche, ho avuto la curiosità di cercare da dove veniamo. Però per evitare speculazioni intellettualistiche sul femminismo l'abbiamo raccontata come una favola già nella sceneggiatura, che ho scritto con Giacomo Scarpelli e Marco Tiberi, con l'aiuto prezioso di Furio Scarpelli".
Che cosa del personaggio l'ha più colpita?
"La sua dignità, la capacità di vivere con grazia le vicissitudini della vita, il coraggio di sfidare le convenzioni anche nei temi che trattava, le sue poesie non avevano nulla degli artifici accademici dell'epoca, lei parlava di sentimenti, di persone. L'ho sentita sempre molto vicina".
Con una figlia fuori dal matrimonio anche lei negli anni Sessanta sfidò le convenzioni.
"Mi sono identificata, ma io non ho pensato di essere trasgressiva, ogni scelta che ho fatto mi sembrava naturale. È stato un appuntamento naturale anche la scelta di Amanda per il personaggio di Cristina. È una brava attrice, perché no? Poi non so quante altre avrebbero accettato quelle due treccette mortificanti sulla testa per tutto il film e quasi senza trucco. Gino Paoli è stato molto contento, mi aveva anche proposto di fare le musiche magari senza firmare, ma non volevo esagerare con le cose in famiglia".



                                                                         
Le difficoltà sul set?
"Pochissime. Per farmi perdonare l'esordio alla mia tenera età prima ho cercato l'approvazione degli amici, Scola in particolare, poi mi sono circondata di collaboratori di alto livello ai quali mi sono affidata. Nanà Cecchi ha fatto un ottimo lavoro per i costumi e Marco Dentici è stato bravissimo a riadattare scenografie di Cinecittà, soprattutto quelle di "San Francesco". Sul set c'era un clima bello, dal primo giorno ho detto "aiutatemi a finire il film e non prendiamoci troppo sul serio". 
Chi sono gli altri personaggi?
"Cristina ha avuto il sostegno di due uomini, Charleton e Gerson. Charleton, Alessandro Haber, era un cantastorie da osteria un po' boccaccesco, spesso insultato dal pubblico, che strimpellava sul liuto versi critici contro il potere, una specie di Vauro del tempo. Alessio Boni è Gerson, che aiutò Cristina a trovare una casa e a partecipare ad una sfida letteraria con gli accademici. Nel rapporto con i figli e con gli uomini, pur senza tradire lo spirito di Cristina, l'ho un po' adattata a me, ho messo del mio, delle mia esperienza con le persone che mi hanno sostenuto nella mia carriera".




Con Gerson fu una storia d'amore?
"Direi una dolce amicizia, si scrissero per tutta la vita, anche quando Cristina, da laica, si era ritirata nel convento di Poissy da sua figlia suora. Gerson era un arcidiacono, un uomo di chiesa, bibliotecario a Notre Dame: sarebbe stato un amore impossibile. Io li ho avvicinati al massimo, quasi fino al bacio, mi sarebbe piaciuto andare oltre, ma avrei tradito lo spirito del tempo".





L'immagine di una persona che scrive non è molto cinematografica. Come racconta Cristina poetessa?
"Abbiamo inventato un linguaggio musicale, le poesie nascono nei dialoghi, vengono dette da Charleton, vediamo anche lei che legge o scrive, ma intanto intorno succede sempre qualcosa. Cristina ha scritto di cose insolite per l'epoca, come La Ballata delle Vedove, La Città delle Dame, La Mutazione della Fortuna, perfino Il Libro della Pace, decisamente controcorrente in un'epoca devastata dalle guerre. Tra le ultime opere c'è anche Il Dettato di Giovanna d'Arco".
Ripeterà l'esperienza della regia?
"No, non credo. Mi sono divertita tanto a lavorare con gli attori, mi ha interessato la scrittura, le riprese, il montaggio, tutto è stato bellissimo, ma faticoso. È molto più facile fare l'attrice, vai sul set, tutti ti coccolano, cerchi di fare al meglio la tua parte e oltre quella non hai altre responsabilità. Dovrei innamorarmi fortemente di un altro personaggio, ma credo sia impossibile incontrare un'altra Cristina".

 Cristina-Christine

di Maria Pia Fusco

www.repubblica.it



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