giovedì 26 maggio 2011

Bob Dylan, 70 anni. E Non Per Caso.

AllPosters.it

24 maggio, 2011
di Emiliano Liuzzi

Settant’anni. Un traguardo. Soprattutto se ti chiami Bob Dylan e hai scritto Like a Rolling Stone, All Along The Watchtower, Blowin’ in The Wind, Forever Young, Hurricane. Settant’anni vuol dire almeno tre generazioni. Il vento della sua musica ha soffiato sul vento di continenti, è riuscito ad accomunare milioni di persone con quella forza dirompente che solo la musica e la letteratura riescono a emanare.

Di celebrazioni, in questi giorni, ce ne sono state anche troppe. In fondo è solo un traguardo. Mi sono andato a leggere i giornali in giro per il mondo, la solita nenia. Se volete sapere qualcosa di Bob Dylan fate come feci io a quattordici anni, quando mi comprai la biografia scritta da Anthony Scaduto, lì dentro capirete chi è davvero quel poeta che a vent’anni partì dal Minnesota, Duluth, la provincia gelida di un’America che i fratelli Cohen hanno raccontato in maniera magistrale in Fargo, e arrivò in un ospedale di New York dove il suo idolo, Woody Guthrie, stava per tirare le cuoia e lui fece in tempo a fargli ascoltare solo quei pochi pezzi che aveva già scritto su pezzi di carta.

A New York Robert Allen Zimmerman sarebbe rimasto, e al Greenwich Village – quello degli anni Sessanta, non il quartiere di oggi – sarebbe diventato Bob Dylan.

Mi ero promesso, io che sono dylaniano da quando ero fanciullo, che non avrei mai scritto di Dylan, soprattutto in ricorrenze come queste. Dylan l’ho ascoltato a New York, Londra, Modena e Livorno. Mi è bastato, anche se l’abilità con la quale dal vivo stravolge le canzoni non piace quasi mai. Evito ogni tipo di ipocrisia, e confesso candidamente che forse solo al concerto di New York ho rivissuto la magia trovata nelle pagine del libro di Scaduto: le altre volte l’attesa e l’emozione hanno sempre giocato a mio sfavore.

Non ne avrei scritto, dicevo. Ma è stato un professore di giornalismo della Columbia University a farmi aprire gli occhi. A spiegarmi perché 70 anni, nella musica, sono un traguardo importante.

La lezione di David Hajdu è molto semplice e basata sui numeri, non sulle parole. 70 anni compie Bob Dylan, 70 ne avrebbe compiuti John Lennon lo scorso ottobre. Joan Baez ha festeggiato a gennaio, Paul Simon raggiungerà il traguardo entro la fine dell’anno. Il prossimo anno, il club dei settantenni pop leggendario crescerà fino a includere Paul McCartney, Aretha Franklin, Carole King, Brian Wilson e Lou Reed. Jimi Hendrix e Jerry Garcia sarebbero stati anche loro settantenni nel 2012.

Coincidenza? Niente affatto, secondo Hajdu.

Tutti questi signori hanno compiuto 14 anni intorno al 1955 e il 1956, quando il rock ‘n’ roll per la prima volta eruttò come un vulcano impazzito.

Quattordici è un età formativa per quello che sarà il pop.  A 14 anni si affrontano le tirannie del sesso e l’età adulta, quella che non ti lascia più le briciole sul percorso per trovare il ritorno. A 14 anni lotti per capire che tipo di adulto ti piacerebbe essere.

“Quattordici è una sorta di età magica per lo sviluppo di gusti musicali”, spiega Daniel J. Levitin, professore di psicologia e direttore del Laboratorio di Musica Perception, Cognition and Expertise della McGill University. ”Sono gli ormoni della crescita puberale i maggiori responsabili. E a 14 anni i gusti musicali ti creano un distintivo di identità”.

Il rock ‘n roll e quell’eruzione che ricorda il professor Hajdu hanno un nome e gnognome: Elvis Presley, il re che l’America non ha mai avuto. Lo disse Bob Dylan stesso a Anthony Scaduto: “La prima volta che sentii Elvis fu come fuggire dalla prigione”.

Lo stesso Sir Paul McCartney ha sempre avuto una venerazione per Elvis. Ma non è questo il punto, non è solo il rock ‘n roll. Sono i 14 anni. Non sappiamo se Robert Zimmerman sarebbe mai diventato Bob Dylan se avesse compiuto i suoi 14 anni un decennio prima. Non lo potremo mai sapere. Sappiamo però che quando i Beatles sbarcarono negli Stati Uniti, all’Ed Sullivan Show, avevano 14 anni di età Bruce Springsteen, Stevie Wonder, Gene Simmons e Billy Joel. E forse anche per questo, musicalmente parlando e in modi termini diversi tra loro, sono diventati quello che sono oggi. Forse per sapere chi sarà il genio dei prossimi anni faremmo bene ad andare a spiare negli armadietti dei ragazzi che frequentano la terza media. Probabilmente faremmo bene a spiare i 140 caratteri che i social network impongono come limite per capire i sonetti che segneranno a modo loro un’epoca.

E’ probabile che coloro che saranno celebrati nel 2067 hanno 14 anni oggi, nel 2011.
Da:
http://www.ilfattoquotidiano.it/

domenica 8 maggio 2011

Donne Senza Velo e l'Orco

Noi inventiamo gli orchi, i lupi, i mostri e le streghe.
Noi abbiamo "gli uomini che odiano le donne", una categoria comoda, ben definita, un contenitore per la raccolta differenziata in cui relegare come "altro da noi"ciò che fa parte di noi, della nostra società, ciò che è diventata una martellante quotidianità.
Ma scomodiamo i miei poveri Orchi, così remoti, amati e soli.
Noi abbiamo uomini  normali che perseguitano, molestano, spiano, picchiano, devastano, violentano, uccidono donne senza velo...
Noi abbiamo i più  normali di tutti, quelli che non superano i limiti, che non infrangono platealmente la legge, quelli che, magari meno pittorescamente che in un caravanserraglio, comprano le donne.
Noi abbiamo gli uomini che scelgono le femmine sui book - come sugli album Panini, che,sghignazzando - da quei miserrimi vecchi porci che erano, sono e saranno - si scambiano le figurine al telefono, ne raccomandano altezza al garrese, quarti posteriori, proporzioni e genuinità delle ghiandole mammarie e caratteristiche da brave manze volentorose nei servizi resi. Che, con la sordida grettezza di ex-adolescenti foruncolosi, sovrappeso, nasuti, forforosi, dediti per scelta altrui ad onanismo compulsivo, si fanno da paravento l'un l'altro, scambiandosi l'onere della marchetta: "A questa, una parte in una fiction (che non si nega a nessuno), a quest'altra, più sfigata, giusto un paio di passaggi in uno pseudo-varietà, (tre sgallettate che dondolano le protesi fra uno spot e l'altro, prese per il culo da un conduttore "sarcastico" made in china che il suo di culo lo ha svenduto da un pezzo)".
Ma noi abbiamo donne libere di scegliere. Marchiate alla nascita dalle tamarrissime madri con nomi tipo Jessica, Ylenia, Asia, Samantha... mentalmente stuprate a tre anni da "giochiamo-che-mi-trucco", rese madri a cinque di bamboline finto-romantiche, caricature in plastica glitterata delle porcelle tivvvvvù, avvolte in veli e diademi stile matrimonio Ely-Briatore, gettate in piscina, cerettate a 11 anni, palestrate a 12 (per la schiena!), primo interventino a 14 (Tenera! Ha risparmiato sulle paghette...), prima apparizione televisiva 6 mesi dopo (Azz ! Con il viso oscurato perché minorenne...) per raccontare davanti alle tette tirate fino alle clavicole di una D'Urso-Gong Li (effetto-lifting) la tragedia di aver affrontato 41 interventi per riparare i danni del primo. Ospite in studio: Babbo Natale, ovvero il generoso chirurgo di turno, ambasciatore Unicef, e, casualmente, fidanzato con una delle sgallettate che - ufficialmente -  si stirano le rughe ingurgitando mele cotte ed ettolitri di yoghurt.
Ragazze che scelgono? Sì, non scelgono il velo,  scelgono liberamente le veline, se l'Orco non se le mangia prima.

Mab

Valls Dino


p.s.

Il "politicamente scorretta" si riferisce, oltre al senso generale del post, al fatto che lo scrissi in piena campagna pro-Sakineh, un tripudio di ipocrisia di rara intensità. Caratterialmente, mi viene spontaneo rispondere con altrettanta "intensità".