giovedì 24 febbraio 2011

La "Fata Verde", Storie Vere e Leggende Metropolitane sulla "Droga Romantica"

Il nome di questa categoria non si riferisce ad una zona-parcheggio per illustri drogati... Evidentemente, è una metafora, un paradosso, anche se, troppo spesso, gli eccessi di molti talentuosi hanno riguardato anche sostanze che ne alteravano (e, con il tempo, distruggevano) l'equilibrio psicofisico.
In senso lato, questa sezione è per coloro che, anche per un solo giorno, un solo istante, per un unico gesto, sono andati "Oltre"...

Intanto, racconto la leggenda dell'assenzio, l'assenzio vero, non quello che ingurgitano gli attuali maledetti alla vaniglia...


La "Fée Verte"



Il 28 agosto 1905, in Svizzera, un contadino di trentuno anni uccise a fucilate la moglie e le due figliolette. Si sparse la voce che fosse ritornato a casa in preda a confusione e crisi allucinatorie perché aveva bevuto due bicchieri di assenzio. (Tempo dopo, la storia dei "due bicchieri di assenzio fu completamente demolita: l'uomo aveva bevuto di tutto, ed in quantità industriali...).

Ma rabbia e paura prevalsero su verità e buon senso... In Svizzera, l'aspra lotta dei Proibizionisti contro "le Péril Vert " si concluse trionfalmente: produzione e consumo di assenzio furono vietati per legge e tale ferreo divieto fu addirittura scritto nella Costituzione, nel 1907. L'assenzio sarà riabilitato soltanto nel 2005.

Quel lontano giorno "la Fée Verte", la fata verde, si trasformò definitivamente ne "la Strega Verde".
E a questa conclusione avevano concorso molti fattori, interessi, circostanze.
Una terribile piaga, la filossera, un afide parassita della vite, aveva seccato i vigneti... e le cantine dei Francesi.
E i Francesi si erano dati ai superalcolici, all'assenzio, in particolare, perché era alla portata di tutte le tasche.
Naturalmente, qualche piccola differenza c'era... i benestanti bevevano solo l'ottimo  Pernod-Fils... i meno fortunati erano letteralmente avvelenati da piccoli produttori senza scrupoli che usavano alcol di grano ed aggiungevano solfato di rame e anilina per riprodurre il colore dell'assenzio originale.

L'assenzio era stato riscoperto intorno al 1830 dai soldati che combattevano la guerra di colonizzazione dell' Algeria: si diceva che fossero sopravvissuti al tifo, alla malaria e persino al colera grazie all'assenzio. Una volta tornati in patria, ne avevano diffuso l'uso.
Dalla Francia la nuova moda dilagò in tutta Europa e raggiunse anche gli Stati Uniti.
A Parigi si diffuse l'abitudine de "l'heure verte", l'assenzio bevuto come aperitivo dalle 17.00 alle 19.00.
Presto, fu associato alla vita bohemiènne.






Ma la storia dell'assenzio è molto antica.

Diciamo subito che non è un liquore, come viene erroneamente definito, ma un distillato. Il vero assenzio ha un colore che vira dal verde chiarissimo ad un verde smeraldo intenso e brillante. Il Pernod-Fils raggiungeva i 68°, altri, non meno pregiati, i 75°.
Si ottiene, essenzialmente, dall'Artemisia Absinthium o anche Artemisia maggiore o romana, diffusissima in Europa ed in Italia in particolare, e dai semi di Anice verde.

Se ne parla in un papiro egizio del 1600 a.C.
Ne hanno descritto e vantato le proprietà benefiche (dall'attenuazione dei dolori del travaglio, all'uso come insetticida in agricoltura):
Ippocrate, Pitagora, Plutarco, Plinio il Vecchio. Lucrezio scrisse dei canti su questa bevanda. E' presente in un erbario-ricettario tedesco rinascimentale, ”Eicones Plantarum”, dove è consigliato alle persone di "cattivo carattere".

E, strano a dirsi, fu riportato in auge, in età moderna, proprio da uno Svizzero: Pierre Ordinaire, che, nel 1792, lo propose come tonico o elisir toccasana.

Ai reduci dell'Algeria si deve anche una parte del Rituale di Preparazione.


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I soldati usavano diluirlo nella putrida acqua locale per salvarsi dalle infezioni; poi, in Francia, si iniziò ad addolcirlo con sciroppo di gomma o con orzata.[...poiché l'assenzio era amarissimo: spesso, nella Bibbia, si usa l'espressione "amaro come l'assenzio", metafora delle più aspre sofferenze dell'Uomo].

Infine, negli ultimi trent'anni del XIX secolo si prese l'abitudine di sciogliere una zolletta di zucchero tramite il cucchiaio forato, o paletta.
Questo il rituale classico o francese di preparazione dell'assenzio:
Si versa nel bicchiere una dose di assenzio, si appoggia un cucchiaino apposito, forato, con una zolletta di zucchero sopra. Da una brocca (o dalle celeberrime Fontane dell'Assenzio dei bistrot parigini) si fa gocciolare dell'acqua ghiacciata (5 parti per 1 parte di assenzio)  sullo zucchero per stemperarlo dolcemente. L'acqua e lo zucchero hanno la funzione di addolcirne la proverbiale amarezza .

L'assenzio bevuto in questo modo rimane fresco e con un gusto dolce al punto giusto, inoltre, acquista una louche bianco trasparente per la proprietà degli alcaloidi dell'artemisia, ed è l'unico modo per scoprire se si sta bevendo del vero assenzio o del surrogato. Dopo aver fatto scivolare lo zucchero in fondo al bicchiere si deve agitare un po' e sorseggiare pian piano.





Esiste anche il metodo detto “flambè o bohemiènne”, ma in realtà gli artisti maledetti della fine del XIX secolo usavano il metodo classico.

Gli effetti sono del tutto particolari rispetto a quelli che si possono osservare in un forte bevitore di vino o di birra. Si andava molto vicini ad un vero e proprio stato allucinatorio. Ciò contribuì alla nascita della leggenda dell'assenzio "oppiato" con l'aggiunta di gocce di laudano.

Oscar Wilde: ”Un bicchiere di assenzio, non c'è niente di più poetico al mondo. Che differenza c'è tra un bicchiere di assenzio e un tramonto? Il primo stadio è quello del bevitore normale, il secondo quello in cui cominciate a vedere cose mostruose e crudeli ma , se perseverate, arriverete al terzo livello, quello in cui vedete le cose che volete, strane e meravigliose”.

Principale responsabile di questo tipo di alterazioni era il tujone, sostanza chimica contenuta anche nella salvia, simile alla sostanza attiva nella canapa indiana (THC tetraidrocannabinolo) che agisce sul sistema nervoso centrale .

Queste descrizioni, come pure l'abuso incontrollato e incontrollabile, portarono all'idea che l'assenzio inducesse assuefazione e che, quindi, rientrasse a pieno titolo nelle droghe. I Proibizionisti usavano dire, alludendo agli effetti allucinogeni dell'assenzio, che avrebbe portato une correspondance pour Charenton, un biglietto per Charenton, il manicomio delle periferie parigine.
Tutti i grandi artisti dell'epoca ne furono accaniti consumatori.

Van Gogh, Baudelaire, Rimbaud, E.A.Poe, Modigliani, Manet, Verlaine, Toulouse-Lautrec, che dipinse l'amico Vincent con un bicchiere di assenzio in mano.
Il poeta Ernest Dowson, morto a soli 33 anni intossicato dalla “Fée verte”, una volta, scrisse ad un amico: “In realtà, è un errore invaghirsi dell'assenzio. Come alcol robusto è inferiore al nostro vecchio scotch. Io stamattina mi sono svegliato con i nervi a fior di pelle. Non ho mai avuto un aspetto così vizioso come questa mattina.”
Le concause che portarono alla fine della ormai strega verde furono, oltre ad un reale, incontrollabile abuso, gli interessi convergenti dei produttori di vino, cognac e whisky, dei governi, altrettanto preoccupati di veder morire la tradizione vinicola francese, l'integralismo feroce dei Probizionisti, attivi in tutta Europa, leggende come l'oppio o il laudano, studi scientifici che portarono ad individuare nel tujone una neurotossina responsabile di provocare convulsione e morte negli animali da laboratorio.
[Beh, certo... gliene sparavano 1 grammo in vena!]

Nel 1915 fu decretata ufficialmente la morte della "Fée Verte" in Francia. Naturalmente si proibivano la vendita ed il consumo interni, non l'esportazione... Il pastis, che tentò di sostituirlo nelle abitudini dei Francesi, fu attentamente sorvegliato.

Ma il tempo è galantuomo. Si scoprì che il famigerato tujone era presente in quasi tutti gli amari, nei vermouth, nelle anisette e nessuno si era mai sognato di proibirne il consumo. Si determinò che un bevitore assatanato avrebbe dovuto ingurgitare 100 litri di assenzio per fare la triste fine delle povere cavie. Si "scoprì "che quella dell'oppio era solo una leggenda e che le vittime dell'assenzio morivano uccise dall'alcol o avvelenate dalle sostanze con cui i produttori alteravano i propri mediocri distillati, quelli alla portata di tutte le tasche.

Riabilitato, l'assenzio, (o il surrogato che viene spacciato per il "liquore" degli "artisti maledetti"), è tornato di moda.

Nel film del 2001, "La Vera Storia di Jack lo Squartatore", si avvalora la leggenda che all'assenzio venisse aggiunto il laudano, ossia oppio. Il funzionario di polizia impersonato da Johnny Depp ricorre all'assenzio per inseguire quelle visioni che spera possano portarlo sulle tracce dell'assassino.
Leggenda vuole che, da allora, Johnny Depp sia diventato accanito consumatore di assenzio.

Echi della Fée Verte anche nel Dracula di F.F.Coppola: "L'Afrodisiaco dell'Io", e, ancòra: "La Fatina verde che vive in Assenzio vuole la vostra anima".

In Moulin Rouge di Luhrmann, del 2001, la realtà dei romantici artisti, le cui vite ruotano intorno al celeberrimo locale "sentina di ogni vizio", è filtrata attraverso i giochi di luci e inganni della fatina verde.

Sempre nel 2001 (anno verde-oro!) al festival di Sanremo, i Bluvertigo cantarono l'assenzio: The Power of Nothing.





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