martedì 28 giugno 2011

La "Guerra dei Mondi" di Orson Welles

 


 
 
"E’ conosciuta come la più grande beffa mediatica del nostro secolo. Una farsa capace di gettare nel panico migliaia di americani provenienti da ogni strato sociale. Un radiodramma che cambiò definitivamente non solo la carriera del suo artefice, ma tutto lo studio sociologico sugli effetti dell’esposizione ai contenuti massmediatici.
 
Stiamo parlando della celebre versione radiofonica di La Guerra dei Mondi realizzata da Orson Welles. Da quel giorno in poi fu assai più evidente da una parte l’enorme potenzialità dei mezzi di comunicazione di massa, dall’altra quanto fosse presente il rischio di manipolazione e canalizzazione dell’opinione pubblica da parte di tali mezzi.
 
Come spesso accade, la descrizione dell’evento stesso può esserci d’aiuto per capire meglio le dinamiche che hanno permesso ad un semplice radiodramma di scatenare una serie di reazioni a catena capaci di suscitare il reale terrore degli ascoltatori.

 E’ la sera del 30 Ottobre del 1938, la sera prima di Halloween (e la data di sicuro non è casuale), quando la stazione radiofonica statunitense della CBS decide di mandare in onda uno show speciale per celebrare tale festività. Come di consuetudine, è previsto un radiodramma, affidato quell’anno al miglior attore emergente di cui la radio disponeva: Orson Welles.

Il programma prevede la trasposizione radiofonica di un romanzo di fantascienza di H.G. Wells (è curiosa in questo caso l’assonanza del cognome con quello di Welles), dal titolo La Guerra dei Mondi. Il romanzo descrive l’invasione della Terra da parte di extraterrestri provenienti da Marte sul finire del diciannovesimo secolo.

La storia viene riadattata ai tempi radiofonici principalmente da Howard Koch e alcuni suoi collaboratori della CBS. Il riadattamento tuttavia non piaceva del tutto a Welles, perplesso sopratutto dal ritmo del testo che ne era uscito. Con una geniale intuizione, lo stesso Welles decide, per ‘dare sapore’ a quel piatto sciapo, di impostare la trasmissione come se si trattasse di un normale programma musicale interrotto ad un certo momento da un falso notiziario radio che annunciava l’invasione degli alieni e i suoi drammatici sviluppi.

Nessuno degli addetti al radiodramma, compreso lo stesso Orson Welles, si sarebbe mai immaginato che quello che ai loro occhi appariva semplicemente come un normale lavoro di routine, si sarebbe trasformato in un evento i cui effetti furono tali da modificare in maniera incontrovertibile non solo il destino artistico del giovane attore, ma anche il destino degli studi sociologici circa gli effetti dei contenuti massmediatici.

La trasmissione comincia con lo speaker che presenta, “in diretta dalla Meridian Room dell’Hotel Park Plaza di New York”, l’inizio della programma musicale di Ramon Raquello e della sua orchestra. Si può facilmente interpretare lo sgomento del pubblico radiofonico quando, dopo pochi minuti dall’inizio della trasmissione, questa viene bruscamente interrotta con un comunicato dai toni altamente drammatici: “Signore e signori, vogliate scusare per l’interruzione del nostro programma di musica da ballo, ma ci è appena pervenuto uno speciale bollettino della Intercontinental Radio News. Alle otto meno venti, ora centrale, il professor Farrell dell’Osservatorio di Mount Jennings, Chicago, Illinois, ha rilevato diverse esplosioni di gas incandescente che si sono succedute a intervalli regolari sul pianeta Marte. Lo spettroscopio indica che si tratta di idrogeno e che si sta avvicinando verso la terra a enorme velocità. Il professor Pierson dell’Osservatorio di Princeton conferma questa osservazione dicendo che il fenomeno è simile alla fiammata blu dei jet sparata da un’arma”.

Ha inizio la beffa mediatica del secolo, il falso che ha messo in luce il rapporto fin troppo fideistico e acritico che il pubblico aveva instaurato con i mezzi di comunicazione di massa. Gli oltre sei milioni di ascoltatori non erano preparati né a sospettare del falso, né tantomeno a sospettare dell’enorme potenzialità di quello che dalla maggioranza di loro veniva ancora considerato semplicemente come un ‘mezzo di svago’. Probabilmente Welles era al corrente di queste potenzialità e dell’abbaglio al quale erano sottoposti i fruitori dei mezzi di comunicazione di massa.
E’ per questo che aveva deciso di inserire il suo falso nel bel mezzo di un programma d’intrattenimento, come a voler render più netto lo stacco tra uno stato d’animo disteso, qual è appunto quello derivante dall’ascolto di un programma musicale, e uno stato di panico crescente dovuto all’annuncio dell’avvenuta invasione aliena.

  Dopo il primo avvertimento circa le fiammate provenienti da Marte, la programmazione musicale prosegue con un brano estremamente simbolico dal punto di vista linguistico: Star Dust (polvere di stelle).

Gli ascoltatori tornano così a rilassarsi con una delle canzoni di maggior successo dell’epoca, ignari del susseguirsi di eventi che di lì a poco li avrebbe destati dalle loro poltrone e scaraventati nelle strade in cerca di salvezza. Infatti, passano pochi minuti ed ecco una nuova interruzione: “Signore e signori, vorrei leggervi un telegramma indirizzato al professor Pierson dal dottor Gray, del Museo di Storia Naturale di New York. Il testo dice: Ore 21:15, ora standard delle regioni orientali. I sismografi hanno registrato una scossa di forte intensità verificatesi in un raggio di 20 miglia da Princeton. Per favore investigate. Firmato Loyd Gray, capo della Divisione Astronomica”. Vediamo in questo caso come la citazione di fonti apparentemente autorevoli, come il ‘Museo di Storia Naturale’ o il ‘Professor Gray, capo della Divisione Astronomica’, sia un espediente imprescindibile per chi vuole mettere a segno una beffa mediatica e intende donare ad essa ulteriore credibilità.

Gli eventi che seguono il secondo annuncio diventano sempre più drammatici e la costante alternanza di questi allarmi con la normale programmazione musicale non fa altro che creare ulteriore confusione nell’ormai già allarmato pubblico.

Man mano che passa il tempo, si diffondono, tramite le voci di abilissimi attori, notizie che riferiscono dell’avvenuto atterraggio extraterrestre, delle orribili fattezze degli alieni, delle loro sofisticatissime armi e dei gas tossici. L’escalation porta addirittura a descrivere ‘in diretta’ la morte di un cronista che stava riferendo dell’avvenuta distruzione della città di New York. E quest’ultima è la scintilla che scatena l’esplosione di panico tra la gente.

Per capire meglio il linguaggio di cui si è fatto uso in questa trasmissione, che ricalcava in modo astuto quello delle reali cronache giornalistiche, e per capire meglio la drammaticità del falso evento, di seguito riporto la descrizione di un ‘falso’ cronista che si ritrova faccia a faccia con una presenza aliena: “Signore e signori, è la cosa più terribile alla quale abbiamo mai assistito…Aspettate un momento! Qualcuno sta cercando di affacciarsi alla sommità..qualcuno… o qualcosa. Nell’oscurità vedo scintillare due dischi luminosi..sono occhi? Potrebbe essere un volto. Potrebbe essere..mio Dio, dall’ombra sta uscendo qualcosa di grigio che si contorce come un serpente. E poi un altro e un altro ancora. Sembrano tentacoli. Ecco, adesso posso vedere il corpo intero. È grande come un orso e luccica come cuoio bagnato. Ma il viso! È indescrivibile. Devo darmi forza per riuscire a guardarlo. Gli occhi sono neri e brillano come quelli di un serpente. La bocca è a forma di V e della bava cade dalle labbra senza forma che sembrano tremare e pulsare. Il mostro, o quello che è, si muove a fatica. […]Un oggetto ricurvo sta uscendo dalla fossa. Sembra un piccolo raggio di luce riflesso su uno specchio. Che succede? Dallo specchio si sprigiona un raggio di luce…che si dirige verso gli uomini che avanzano. Li ha colpiti! Sant’Iddio, li ha incendiati! Bruciano come torce”.

Seguono diversi silenzi radio (come a far crescere la tensione), ogni tanto ripresi da qualche sporadica e confusa cronaca, fino a quando non si giunge ad un’apparente cessazione delle trasmissioni. E’ a questo punto che si scatena il putiferio. Migliaia di persone in preda al panico si riversano nelle strade e si lasciano andare a comportamenti di grave irrazionalità.
 Si segnalano numerosi ingorghi nelle arterie principali di molte città degli Stati Uniti, mentre le linee di comunicazione si sovraccaricano fino al collasso. Alcuni si abbandonano a episodi di violenza, altri pregano di non essere coinvolti nell’attacco. A San Francisco, una donna si presenta alla polizia con i vestiti lacerati sostenendo di essere stata aggredita dagli alieni, mentre a New York ci vollero settimane per convincere alcuni di quelli che erano scappati a far ritorno nelle proprie abitazioni.

Ai giorni nostri, una simile reazione ci apparirebbe del tutto esagerata. A questo proposito, tuttavia, va ricordato che la radio fonda parte del suo fascino sulla disponibilità e la fantasia dell’ascoltatore che, soprattutto allora, non ne fruiva con la passiva attenzione che noi oggi dedichiamo al video.

La grande abilità di Orson Welles nel riprodurre in maniera impeccabile lo stile cronistico ha contribuito poi sopra ogni cosa a rendere credibile la messinscena. Emerge così l’importanza, quando si parla di falsi voluti e di beffe mediatiche, dell’utilizzo delle stesse modalità espressive del soggetto che si vuole imitare, in questo caso il giornalismo radiofonico. Per spiegarmi meglio, l’esito di questo programma sarebbe stato del tutto diverso se Welles avesse deciso di impostarlo, ad esempio, come un talk show o come una semplice intervista con un esperto di Ufo.

Inoltre, come in ogni beffa che si rispetti, anche in questa erano presenti tracce della sua falsità. A parte gli elementi fantastici e surreali descritti, che con poca razionalità potevano essere riconosciuti come tali, viene infatti ripetuto per ben quattro volte durante la trasmissione che ciò che si stava ascoltando altro non era che un radiodramma, e che gli eventi descritti erano il frutto della fantasia dell’autore del libro, H.G Wells.

Entra qui in gioco un fattore di estrema importanza quando si parla di mass media, ovvero il grado di attenzione che il pubblico riserva ai mezzi di comunicazione di massa, la scarsa criticità nei confronti dei contenuti veicolati da essi. Si spiega la logica secondo la quale un messaggio mediatico viene interiorizzato secondo quelle che sono le predisposizioni del pubblico a ricevere tale messaggio.

Come ricordava lo storico March Bloch all’inizio del secolo: “una falsa notizia nasce sempre da rappresentazioni collettive che preesistono alla sua nascita; questa, solo apparentemente è fortuita, o, più precisamente, tutto ciò che in esse vi è di fortuito è l’incidente iniziale, assolutamente insignificante, che fa scattare il lavoro di immaginazione; ma questa messa in moto ha luogo soltanto perché le immaginazioni sono già preparate e in silenzioso fermento […] La falsa notizia è lo specchio in cui la coscienza collettiva contempla i propri lineamenti”.

 Ciò vuol dire che se il pubblico americano ha preso per vero un episodio così impossibile ed ha in qualche modo involontariamente omesso gli indizi, anche espliciti, che ne svelavano l’assurdità, ciò è perché in qualche modo era ‘preparato’ ad affrontare una situazione del genere. Una situazione che preesisteva già da tempo nel loro immaginario collettivo, il frutto del periodo storico in cui è maturata.

Si era infatti già vissuta la Prima Guerra Mondiale e il clima politico internazionale era surriscaldato dall’imminenza di un altro conflitto, mentre le scoperte scientifiche sempre più avanzate facevano intravedere futuri scenari di conquista spaziale, dai quali la narrativa e il cinema attingevano in maniera sempre più frequente.

La gente era da una parte spaventata, dall’altra preparata a vivere un evento del genere. Poco importa poi se gli extraterrestri avevano i tentacoli e improbabili fattezze o che utilizzassero poteri straordinari; per gli americani quel giorno la realtà rappresentava l’invasione dei marziani, gli abitanti del ‘Pianeta Rosso’.

Ciò che ha reso di portata storica questo avvenimento è il fatto che è riuscito ad evidenziare, chiaramente e per la prima volta,l’enorme potere ei mezzi di comunicazione di massa; un potere in grado di canalizzare e manipolare l’opinione pubblica secondo i desideri di coloro che controllano e posseggono tali mezzi.

La Guerra dei Mondi nella sua versione radiofonica ha aperto una nuova pagina negli studi di sociologi, psicologi di massa ed esperti di comunicazione, tutti accomunati in quel giorno dalla sorpresa di assistere agli effetti che un falso poteva provocare alla grande massa dei fruitori mediali."


Da:

La Guerra dei Mondi di Orson Welles
Cronaca di un radiodramma che gettò nel panico gli Stati Uniti

di  Andrea Laruffa

giovedì 16 giugno 2011

La Parabola del Babbbbà

Maschi distratti, maschi pignoli

Da una recente indagine sociologica condotta da me stessa su di un campione strettamente personale risulta che la specie umana maschile si può verosimilmente suddividere in due grandi sottogruppi: i maschi distratti e i maschi pignoli.
Quali i migliori? Difficile dirlo.
Partiamo dai primi: gli sbadati, gli svaniti, i cloni di Mister Bean.
Non avrebbero tanto bisogno di una fidanzata quanto di un’insegnante di sostegno.
Perdere e dimenticare è l’attività principe delle loro giornate.
Vanno a comperare il giornale e lo lasciano all’edicola, tolgono l’autoradio ma la sistemano sul tettuccio, hanno il telefonino ma si scordano di accenderlo, perdono le chiavi e anche la copia, il portafoglio e anche la patente, cambiano la batteria dell’auto una volta al mese perché dimenticano sistematicamente i fari accesi e tamponano spessissimo perché quando guidano fanno qualsiasi altra cosa fuorché guidare. E poi si fanno male continuamente. Si inciampano, si slogano, si sbucciano, si tagliano... roba da quarta elementare.
I maschi pignoli non sono certo meno faticosi. Tutt’altro.

Cronometrano quanto ci mettono da casello a casello, stabiliscono con precisione millimetrica il consumo della loro auto che di solito è un cartone, impilano gli asciugamani per sfumatura di colore, lucidano gli angoli delle scarpe con lo spazzolino da denti, compilano gli specchietti delle agende dei soldi in entrata e soldi in uscita segnando anche lo stick e il biglietto del tram, tengono a memoria la cadenza del ciclo mestruale della fidanzata e scrivono una S sul calendario per ricordarsi i giorni in cui hanno fatto sesso. Sempre molto pochi.
Il massimo è il marito della mia amica Elvira. Pignolo e maniaco della pulizia. Mentre mangiamo, lui lava già i piatti. Quelli che stiamo usando. Quando alla moglie incinta si ruppero le acque, invece di tranquillizzarla la inseguì con lo spazzolone del Mocio Vileda.
«Però mi piaci, che ci posso fare? Mi piaci» cantava Alex Britti. Giusto. Ma è giusto anche quello che mi ha detto l’altro giorno una mia amica napoletana: «Se metti ‘o rhum in coppa a ‘nu strunz non diventa ‘nu babà!».

Luciana Littizzetto

da:
http://www.broderie.it/

Da questo post di annata ho trafugato l'ipse dixit da piazzare in un altro blog.

giovedì 2 giugno 2011

"Io e Rocco Siffredi"

di Luciana Littizzetto



Cari miei, ci son momenti della vita che lasciano un segno.
Altri ancora una cicatrice. Per me è andata proprio così.
Avete presente quella trasmissione di RaiTre che si chiama Milano-Roma ?
Quella dove due tipi fanno il viaggio insieme parlottando per ore del più e del meno? Bene.
Anch’io l’ho girata. E sapete con chi?
Chi potevano affiancare a una duchessa qual io sono?
Rocco Siffredi, che domande...!
Il più famoso attore porno italiano. Un totem erotico locale.
Certo. Con me. Che non ho nulla che ricordi anche solo vagamente Ramba Malù.
Rocco Siffredi pare sia un fenomeno della natura.
Non si offendano i maschietti, ma si parla di misure ai confini della realtà. Roba che potevamo girare il remake di Rocco e suo fratello o al limite di Uccellacci uccellini.
Ventisette centimetri è tanto.
È come una mensola del tinello, di quelle che ci appoggi sopra le piante grasse.
Un promontorio della paura. Cape Fear.
Con lui al fianco mi sentivo serena come l’ultima moglie di Barbablù.
Dicono che in situazioni imbarazzanti bisogna sforzarsi di essere se stessi. Ma se non so neanche io chi sono...
Gli chiedo: «Ma come fai quando devi rigirare la scena? Lo riponi nell’apposita vaschetta salvafreschezza?» Fa finta di non sentirmi.
Lo incalzo. «Quindi sei un libero professionista... non smetti mai... ti porti anche il lavoro a casa... » Silenzio.
«Usi il Viagra? La pillola che fa diventare dure anche le lumache? Mi han detto che i panettieri non la prendono perché fa diventare duro anche il pane...» Non ride.
Povero Rocky horror... mi gira cento porno all’anno, sarà stanco come una bestia. Magari guido un po’ io.
Un paio di centimetri mi separano dal suo grande cocomero.
O come lo vogliamo chiamare? Cannone di Navarone? Stelo di giada? Nibelungo? Stecco ducale? Sturm und Drang? Sacro Aspromonte?
Gli dico: «Lo conosci quel film porno con Gilbert Bécaud e Gilbert Belcul: Chi ha spompè la Pompadour?». Dorme.
Io faccio quell’effetto lì agli uomini.


da:
http://www.broderie.it/



Se “ Lucianina “, per un tragico, fatale incantesimo, fosse trasformata in una Barbie , sgonfierebbe in un nanosecondo i muscolazzi pompati di Ken trafiggendolo con i suoi barbie-spilloni da balia , stile pupazzetto voodoo, gli scrosterebbe quel gel al catrame dai capelli con un paio di colpi di rasoio ben assestati , e , dopo averlo strafogato di pasticcini di plastica cotti nel barbie-fornetto della barbie-cucina,gli farebbe confessare , sul bordo della barbie-piscina , che è perdutamente innamorato di Big Jim dai tempi delle elementari....

Mab