sabato 30 agosto 2014

Editoria e Opera Omnia. Chi se non Hoffmann?

E.T.A. Hoffmann:
 "Notturni", traduzione di Matteo Galli, Roma, L’Orma, 2013, "Le Omnie", n°1, 384 p.
"Gli elisir del diavolo", traduzione di Luca Crescenzi, Roma, L’Orma, 2013, “Le Omnie”, n°2, 400 p.

Chi, se non Hoffmann? Provate a immaginare una casa editrice che decide di aprire una collana di classici, anzi di pubblicare le opere complete di un autore classico e di partire con uno scrittore classico, guarda caso, proprio di lingua tedesca. Classico, nel senso di: indiscutibilmente nel canone. Classico, anche nel senso di: pre-novecentesco (autori con uno o due piedi nel ’900 presentano spesso insormontabili problemi di diritti d’autore…). E provate a scorrere gli autori canonici della letteratura tedesca dei due secoli in questione, il Diciottesimo e il Diciannovesimo (prima del 1750 impensabile parlare di testi classici nella letteratura tedesca), tenendo conto di una serie di fattori: le dimensioni dell’opera e dunque la fattibilità di un’omnia, la situazione nell’attuale mercato editoriale italiano, il genere letterario/i generi letterari nei quali quell’autore si è cimentato, la popolarità complessiva.

Partiamo dalla situazione nell’attuale mercato italiano (ciò che, evidentemente, ci dice qualcosa anche sulla popolarità complessiva), prendiamo una qualche libreria online a caso e vediamo la top five, in base ai volumi disponibili sul mercato, nel giugno del 2013. Al primo posto c’è Johann Wolfgang von Goethe con 121 titoli, di cui poco meno di metà distribuiti fra: 20 edizioni dei Dolori del giovane Werther, 14 edizioni delle Affinità elettive e 13 edizioni del Faust; al secondo posto i fratelli Grimm con 89 titoli, tutte edizioni – molte delle quali per l’infanzia – delle Fiabe. A moltissima distanza con 32 titoli Friedrich Schiller e Heinrich von Kleist, con 31 E. T. A. Hoffmann. Seguono poi, ulteriormente distanziati: Friedrich Hölderlin e Theodor Fontane con 21, Adalbert Stifter con 19. Sopra i dieci titoli, anche: Novalis, Heinrich Heine e Gotthold Ephraim Lessing. Gli autori sotto i dieci titoli sono scrittori che di fatto in Italia non hanno mai davvero sfondato: Keller, Grillparzer, Tieck, Storm etc etc, e dunque arrischiarsi a presentare le loro opere complete non avrebbe molto senso.

Impensabile pubblicare le opere complete di Goethe, un’impresa ciclopica. L’opera completa dei fratelli Grimm? Uno, massimo due volumi, poi sarebbe già finita. Valutiamo allora le posizioni successive. Un’edizione completa del teatro di Schiller manca nel mercato italiano dal 1975, quando ne uscì una in quattro volumi presso Newton Compton con l’introduzione di Paolo Chiarini. Da allora qualche edizione singola, con uno, talvolta due, in rari casi tre drammi nelle principali collane tascabili. Rifare, ritradurre tutto Schiller, l’opera di un autore che per lo più scrive teatro e, testi d’importanza almeno equivalente, saggi filosofico-estetici? Impresa meritoria e doverosa, ma destinata a un pubblico molto settoriale. Il focus dell’opera di finzione è sul teatro e Schiller, anche stando alla presenza nei palcoscenici italiani, non è Shakespeare, non è Molière. Nell’800, anche grazie a Verdi, le cose magari stavano diversamente, ma adesso (spiace dirlo) Schiller non è più nel canone letterario del pubblico colto dei lettori italiani, né è immaginabile che torni in tempi brevi ad esservi. Ex-aequo con Schiller, 32 presenze anche per Heinrich von Kleist, forse anche in considerazione del fatto che il 2011 è stato l’anno kleistiano, duecento anni dalla morte. E infatti nel 2011 Mondadori ha pubblicato un Meridiano Kleist, con alcune traduzioni nuove di zecca, che vanno ad aggiungersi a 4 impeccabili edizioni kleistiane (con testo a fronte) negli Elfi di Marsilio e alla gloriosa edizione Garzanti, tradotta da Andrea Casalegno e introdotta da Giuliano Baioni. Può bastare; inoltre vale – seppur in misura misura minore – anche per Kleist la “questione” teatro: più di metà dell’opera kleistiana è – seppur di altissimo livello – teatro. E sui palcoscenici italiani Kleist non è…

Veniamo al quinto, staccato di una sola lunghezza: E. T. A. Hoffmann, 31 titoli di cui, in realtà, una decina fuori commercio. Alla fine degli anni ’60 del Novecento Einaudi aveva pubblicato tre volumi nei "Millenni", qualcosa poi era uscito sempre nei Tascabili Einaudi e in altre edizioni pocket, un’opera fondamentale nella storia del romanzo ottocentesco come le Considerazioni del Gatto Murr risulta oggi introvabile, la terza raccolta di Hoffmann, Die Serapionsbrüder (I Confratelli di San Serapione), smembrata e sparpagliata in tante diverse sillogi. Edizioni annotate: praticamente nessuna. Eh sì, Hoffmann sembra proprio l’autore che fa al caso nostro. Perché ha scritto quasi esclusivamente prosa – romanzi, novelle, fiabe – che è e resta il genere che funziona meglio. Perché è forse il classico tedesco che presenta il più funzionante sistema di doppia codificazione in grado di soddisfare sia le esigenze del pubblico più raffinato, interessato alla complessa rete di relazioni intertestuali, intermediali e interdiscorsive, a profonde questioni esistenziali ed estetiche, sia le esigenze del pubblico interessato a plot ben costruiti, a certi ammiccamenti, alla – contiguità con la – letteratura di genere di allora e di oggi.

Chi, se non Hoffmann? E l’omnia va dunque a incominciare con due fra i testi che meglio esemplano questa doppia codificazione: i Notturni e Gli elisir del diavolo, una raccolta di novelle e un romanzo risalenti alla fase mediana della, in fondo, brevissima (dieci anni scarsi) parabola creativa di Hoffmann che nel 1809 con Il cavaliere Gluck approda alla scrittura tardi, a 32 anni, pubblica la sua prima raccolta nel 1813 a 37, e muore a 46 anni, in un’epoca – la Goethezeit – in cui, a partire da colui che al periodo ha dato il nome, si esordiva a poco più di 20, con opere che catapultavano gli scrittori immediatamente nell’Olimpo della fama: Goethe, Schiller, Tieck, Wackenroder, Friedrich Schlegel, Novalis, Hölderlin. E poi magari si moriva altrettanto presto, o si impazziva.

Matteo Galli

Dalla presentazione editoriale dei Notturni:
"Anticipatore del realismo borghese e del surrealismo, narratore scapigliato di avventure ottocentesche e analizzatore dell’inconscio, umorista trascendentale e sognatore delle fiabe, antesignano dell’angoscia moderna e della dissociazione della personalità, esponente dello slancio romantico e ironico superatore dei limiti ideologici del romanticismo. Lo sguardo nei piú cupi abissi dell’inconscio e la pura liberazione nella fiaba, il divertimento piú spassoso e un procedimento strutturale per ‘simboli’ di straordinaria attualità (Claudio Magris).
Otto racconti per esplorare le origini della follia e dell’ossessione contemporanea. Il lato oscuro dell’esistenza prende una forma classica ed esemplare in queste storie visionarie che hanno cambiato la sensibilità moderna e ispirato Freud e i surrealisti. Da L’uomo della sabbia al Maggiorasco, queste novelle aprono una dimensione irrevocabile e irrinunciabile di pensiero e di immaginazione che inaugura quella passione per l’inconscio da cui nasce tutta la letteratura fantastica."
Dalla presentazione editoriale degli Elisir:
"Hoffmann è il maestro senza rivali del perturbante nella letteratura. Il suo romanzo Gli elisir del diavolo contiene una gran mole di temi che si è tentati di riferire all’effetto perturbante nella narrativa, ma si tratta di un racconto troppo complesso e oscuro perché ci sentiamo di darne un riassunto. (Sigmund Freud).

Gli elisir del diavolo è il primo romanzo di E.T.A. Hoffmann, uscito per la prima volta nel 1815. Ispirato al romanzo di M.T. Lewis Il monaco, Gli elisir gode fin da subito di grande popolarità, esercitando impressione e infuenza, tra gli altri, su autori come Poe, Dostoevskij, Hugo, Maupassant e Baudelaire.
Heinrich Heine riferisce di uno studente di Lipsia impazzito dopo la lettura del libro, il cui contenuto a lungo fu ritenuto scandaloso. Oggi è considerato il romanzo capostipite del romanticismo nero che custodisce nel legame tra l’amore e le forze oscure il suo fascino a distanza di due secoli. Romanzo erotico e religioso assieme, Gli elisir del diavolo ripercorre il tortuoso cammino spirituale di tentazione e redenzione del frate Medardus, che al fne di recuperare le perdute capacità oratorie, beve da una misteriosa boccetta lasciata da Satana in tentazione a Sant’Antonio e fnisce preda di contraddittorie pulsioni. Inizia così la sua discesa agli inferi, accompagnata al desiderio violento per una donna che lo porta a inseguire una serie di avventure sempre più lontane dallo spirito e sempre più vicine al corpo, il suo e soprattutto quello degli altri."

Da: http://www.germanistica.net

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