domenica 10 agosto 2014

Frances Farmer: La Vera "Storia Vera" - Seconda Parte

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Mamminacara, incancrenita in un fanatico anti-Comunismo, non perdeva occasione per testimoniare il proprio zelante odio. Anche (e soprattutto) quando l'occasione fu la stessa Frances. Proclamò che la figlia era stata corrotta da insegnanti estremisti, e, al "Seattle Post-Intelligencer", confermò la propria dedizione alla Causa. Dedizione estrema:
"Se dovrò sacrificare mia figlia al Comunismo, spero, almeno, che le altre madri riescano a salvare le proprie ragazze dagli estremisti della Scuola Pubblica!".
Anche le autorità laiche si espressero con durezza, bollando il famigerato viaggio come un'operazione di propaganda dei Bolscevichi.
Frances espresse il suo rammarico per la feroce riprovazione materna e per la generale indignazione di cui era oggetto. In un articolo intitolato: Perché vado in Russia, pubblicato dal Seattle Times, affermò che il Comunismo non c'entrava nulla con la sua decisione di partire; spiegò che il viaggio nell'inferno bolscevico non rappresentava per lei che una chance per la sua futura carriera, ed era quanto di meglio potesse capitarle:  l'irripetibile opportunità di frequentare uno dei dieci maggiori Centri Teatrali del mondo. Più tardi, nella sua autobiografia, confermerà che quel viaggio, all'epoca, non era stato che un gradino nella scalata alla sua vera, agognata mèta: New York.



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Partì nel marzo del '35. In tasca, venti dollari, dono del padre. Il viaggio-premio prevedeva una tappa a New York. Grazie alla sua insegnante di Seattle, entrò in contatto con il Group Theater, un Centro Teatrale di idee progressiste di cui faceva parte un giovane drammaturgo, Clifford Odets.
Di ritorno da Mosca, incassò il rimborso del biglietto d'autobus che l'avrebbe riportata fra le braccia di Lillian e di Seattle, si fermò a New York, affittò una stanza ed incominciò la maratona dei provini.
Poche settimane più tardi, si ritrovò con un agente, una sceneggiatura, e l'offerta per un contratto con la Paramount. Nelle sue memorie, ammise senz'altro che proprio lo scandalo suscitato dal famoso viaggio in Russia aveva attirato su di lei l'interesse degli Studios.
Certo, la sua ostinazione (=testardaggine, per i detrattori), il suo ostentato disinteresse per il giudizio altrui, il coraggio e la consapevolezza delle proprie qualità e delle poche chances a disposizione per sfruttarle degnamente giocarono un ruolo rilevante in questa svolta decisiva della sua vita, ma è innegabile che si verificò anche una catena di eventi, di azioni e reazioni, al di fuori del suo controllo, che la sospinsero in un'ascesa irresistibile, risparmiandole mortificanti, estenuanti gavette.
"Ho visto il mondo - scrisse ai genitori - e, adesso, sono pronta a lasciarvi la mia impronta".


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Così per Frances iniziò una nuova vita: era sotto contratto con la Paramount!
Guadagnava 100 dollari la settimana, una somma che le pareva generosa.
La sua autentica passione, la sua formazione, le sue ambizioni erano ancòra completamente dedicate al teatro. Secondo lei, qualsiasi passo in un'altra direzione non serviva che a spianarle la strada verso una solida carriera teatrale.
Intanto, non si sottrasse ad alcuno dei suoi obblighi contrattuali, espliciti o meno.
Accettò di essere sottoposta ad esperimenti di trucco e parrucco... accettò di venire trasformata, manipolata fisicamente... permise che le depilassero completamente le sopracciglia.
Docile ed attenta, studiava assiduamente dizione, recitazione e portamento con i coach che gli Studios le avevano messo alle costole per completare il suo addestramento.
Accettò tutti gli estenuanti (e banalissimi: le tipiche foto da starlet) servizi fotografici che la Paramount le impose.


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Rifiutò recisamente, invece, di cambiar nome e non adattò mai il look personale, quello quotidiano e privato, alle pretese di chi le stava cucendo addosso un'immagine in cui non si riconosceva.
Nel 1936, sposò un giovane attore, anche lui sotto contratto con la Paramount, destinato a diventare, dopo una gloriosa sfilza di ruoli opachi da opaco comprimario, la star di serie b di una popolare serie televisiva degli anni '70, High Chaparral, (in Italia, Ai Confini dell'Arizona).





Si chiamò Wycliffe Anderson.... poi William Anderson, poi Glenn Erickson, ed infine, Leif Erickson.
Il matrimonio, un colpo di testa senza neanche la magia dei colpi di testa, durò un anno soltanto, (il successivo matrimonio dell'anonimo consorte durò un mese, quindi, non credo affatto al prematuro decesso coniugale imputabile alla umorale sposina).
Tempo dopo, Frances  affermò che non si era certo sposata spinta da una passione irresistibile e che nella sua testa era sempre rimasta Frances Farmer, "non Mrs. William Anderson... men che meno Mrs. Leif Erickson!"


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      "Rhythm on the Range"del'36, con Bing Crosby

In quello stesso anno, Frances girò ben quattro film, ma quello che attirò su di lei l'attenzione di critica e pubblico fu: Come and Get It, regia di Howard Hawks, in cui Frances interpretava due ruoli, una cantante di cabaret e la sua ingenua figliuola.
Hawks, che pare l'avesse scelta personalmente per il doppio ruolo, opponendosi agli Studios che volevano Miriam Hopkins, dichiarò che Frances era la migliore attrice con cui avesse mai lavorato e la temuta, potentissima, velenosissima Louella Parsons si caramellò nella famosa predizione sulla futura, nuova Garbo.
In Italiano, Come and Get It fu intitolato "Ambizione".

Da "il Morandini":
"La vita, la scalata al successo e gli amori di un industriale della carta tra le foreste del Wisconsin verso la fine dell'Ottocento. Rinuncia alla donna amata della cui figlia s'innamora trent'anni dopo e ha per rivale il figlio. Da un romanzo (1934) di Edna Ferber, sceneggiato da Jules Furthman e Jane Murfin. Supervisionato e diretto in gran parte da Hawks in assenza del dispotico produttore Samuel Goldwyn in ospedale, ne fu licenziato insieme con l'operatore Gregg Toland e sostituito con William Wyler (e Rudolph Maté) cui si attribuisce almeno l'ultima mezz'ora. Le potenti immagini del disboscamento sono dell'aiuto Richard Rosson. La polemica ecologica e anticapitalistica della Ferber nel suo melodrammatico romanzo sociale, tipico dell'era roosveltiana, è smorzata nel film, l'unico in cui Hawks si cimenta direttamente con la politica. Irrisolto, greve, un po' verboso, ma apprezzabile nel disegno dei personaggi (W. Brennan ebbe l'Oscar di non protagonista), anche in quello di F.Farmer che canta in modo struggente 'Aura Lee', poi rilanciata da Elvis Presley come Love Me Tender". 

(continua)

Mab's Copyright

Ho controllato informazioni e preso alcune foto qui:
http://doc.studenti.it/
http://www.historylink.org/


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