Il regista parla degli incidenti razziali: "Negli Usa si vive di pregiudizi ormai da centinaia di anni"
di SILVIA BIZIO
NEW YORK. "I terribili incidenti razziali che l’America sta vivendo in quest’ultima settimana non dovrebbero purtroppo sorprenderci", dice Woody Allen, 80 anni, incontrato nella sua amata New York per parlare del film Café Society, in uscita negli Stati Uniti dopo la sua premiere a Cannes. "Il problema degli Stati Uniti, adesso e nel passato, è che questo è il prezzo che il paese paga per aver messo le sue fondamenta sulla schiavitù, per la complicità nel rapire la gente dall’Africa, portarla qui, renderla schiava, senza nessun programma per il loro benessere. Siamo un Paese che è vissuto di pregiudizi razziali per intere generazioni. Cosa ci si aspetta da un paese nato così male? Quando succedono queste brutte cose, questi incidenti razziali, da bianchi nei confronti dei neri, e da parte dei neri che ora rispondono in modo violento, cosa ti aspetti da un paese che ritualmente è stato insensibile per centinaia di anni? È il prezzo che gli Stati Uniti dovranno pagare fino a quando quell’antipatia così profondamente radicata tra una razza e l’altra sarà finalmente smussata e la gente non la sentirà più".
La legge non è dunque servita a molto...
"No, perché una cosa è fare delle leggi per integrare la società, ma se la popolazione non lo sente e ancora odi l’altra persona, quelle leggi non significano molto. E così restiamo un paese diviso nonostante leggi che cercano di migliorare la situazione. E ne paghiamo il prezzo".
Pensa che leggi più restrittive sul possesso di armi possano aiutare?
"Le leggi sulle armi, ovunque nel mondo, sono abbastanza ridicole. Negli Stati Uniti abbiamo delle leggi terribili sulle armi. La mia impressione è che potrebbero aiutare un pochino, ma non sono davvero la risposta. Io sono completamente contro le armi, non credo ci dovrebbe essere nessuna arma se non in modo estremamente limitato e controllato per chi va a caccia, per sport. Ma anche se elimini tutte le armi, fino a quando non affronteremo gli altri veri problemi, quelli delle persone, avremo ancora una società che è guidata dall’odio razziale, dall’ineguaglianza economica e dalla povertà, avremo comunque terribili sofferenze. Le armi sono solo una parte, e una parte assai sciocca, appunto perché le leggi sulle armi che abbiamo in questo paese fanno ridere".
Si sperava che la presenza di un presidente afroamericano come Obama alla Casa Bianca potesse cambiare qualcosa.
"Una singola persona non può cambiare questa situazione, è un problema che richiede un’enorme mole di lavoro per tanta gente, è così intrinseco al tessuto di questo paese, da centinaia di anni, che è molto difficile da risolvere. Ci vuole uno sforzo comune e concentrato da parte di tutti, un singolo presidente non ce la può fare".
Sta seguendo queste elezioni, vede speranze?
"Non sui problemi razziali che stiamo attraversando. Ciò detto non ho mai fatto misteri del fatto che io sia un grande sostenitore di Hillary Clinton, sono democratico geneticamente, lo sono sempre stato, ho contribuito alla campagna democratica".
Pensa che vincerà?
"Ne sono sicuro. Ho conosciuto Donald Trump, era nel mio film Celebrity, ed era stato anche bravo! Ogni tanto lo incrocio in qualche ristorante o evento ed è sempre cordiale e piacevole, ma non penso abbia nessuna chance di diventare presidente. Non si preoccupi, non c’è bisogno che nessuno si trasferisca in Nuova Zelanda o in Canada! Hillary vincerà, credo sia qualificata e brava, mi piace molto anche se non l’ho mai incontrata. Me lo dicono gli istinti e il senso comune. In America la gente sa che Donald Trump, con tutte le sue teatralità e il suo essere cosi’ flamboyant, non potrebbe mai essere un buon presidente. E sento che la gente istintivamente lo sa e voterà di conseguenza. Certo è una strana campagna elettorale, il partito repubblicano è da anni in uno stato pietoso, ma anche questo strano anno elettorale passerà e ne avremo solo un vago ricordo. E Donald Trump continuerà ad essere soggetto di barzellette e scenette in televisione".
Come spiega il fascino sulla gente di uno come lui?
"Come dicevo c’è molta sofferenza in questo paese, e non solo fra i neri. E lui è un candidato che dice cose che la gente vuole sentirsi dire, anche se poi non va a controllare. Hanno fatto un sondaggio in Inghilterra e tanti di quelli che hanno intervistato hanno confessato di non avere idea su cosa votavano: hanno votato per uscire dall’Unione Europea e non sapevano nemmeno cosa fosse l’Unione Europea! Negli Stati Uniti è lo stesso: la gente non sa, è troppo preoccupata di svegliarsi al mattino e di ritrovarsi senza lavoro, o con un figlio cocainomane, non ha tempo... Così un candidato arriva — e se non fosse stato Trump sarebbe stato Cruz, o Rubio — e gli dice, “non ti preoccupare, ci penso io” e la gente ci crede. Non ha tempo di controllare o capire cosa voglia dire. Non va in profondità. È più facile pensare “sono stato licenziato perché il mio posto di lavoro è andato in Messico o in Cina”. Sono letture superficiali, ed è quello che succede. Per fortuna penso che la maggioranza non la pensi così. Dopo tutto nella nostra storia i nostri presidenti per la maggior parte sono stati decenti. Alcuni hanno fatto cilecca, ma per di più sono stati buoni. E lo sarà anche Hillary".
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